Non so dormire in Italia

Non so dormire in Italia

È passato un bel po’ di tempo dall’ultimo post che ho scritto in italiano. Non so perché, ma penso sia pigrizia.

‘Non so dormire in Italia’ è un titolo liberamente ispirato ad una canzone di Loredana Berté, che potete trovare nel suo album ‘Streaking’, uscito nel 1974. Piacevole scoperta.

Bè. Io nel frattempo ho lasciato Berlino nel luglio 2013, e mi sono trasferito per quasi un anno in Nuova Zelanda. Più precisamente ad Auckland. Ho voluto bene alla Nuova Zelanda, e ancor di più ai neozelandesi che mi hanno accolto con gentilezza e tenerezza. I neozelandesi sono teneri. Poi, io e Giulia abbiamo deciso di tornare. Dico che ho voluto bene alla Nuova Zelanda perché non penso di averla amata. Sicuramente ho visto e vissuto in posti stupendi (aggiungo anche Rarotonga nelle Cook Islands che ho avuto modo di visitare), ma io nei posti in cui vivo cerco sempre quella vena rock and roll che non ho visto in NZ.

La tipica domanda che le persone che incontro nel mio cammino mi chiedono è: cosa vuol dire ‘rock and roll’?

La mia risposta è sempre la stessa: è una cosa che provo, e non so spiegarla a parole. Forse non voglio neanche spiegarla a parole, perché rischierei di svelare un po’ troppo della visione che ho io della vita, di una città, di un modo di essere. O più semplicemente, forse, non so proprio spiegarlo.

Io e Giulia ci siamo trovati a scegliere l’Italia, il nostro paese natale, un paese che abbiamo vissuto per troppi anni, come meta per l’avventura successiva. E così, dopo essere passati per Hong Kong, Doha in Qatar e San Donà di Piave, ci siamo trasferiti a Milano.

Dentro di me ho sentito subito un ‘puff’. Che è un suono che potrebbe non dire niente ai più, ma io so benissimo cosa significa. Significa una sensazione di nostalgia per qualcosa che avevo vissuto, misto a paura di aver fatto la scelta sbagliata, curiosità per un posto che ho già visto in passato ma non conoscevo ancora e vertigine. Con ‘puff’ si intende una mancanza di punti fissi nella parte del corpo tra il collo e il cuore, che crea un senso di vuoto misto nausea. Ripeto, potrebbe risultare difficile la comprensione di questo suono da parte vostra. Ma sono sicuro che anche voi avete alle volte queste sensazioni, solo che ci date un nome diverso.

La mia visione non coincideva con quello che io cerco nella città in cui vivo, nel lavoro, nelle persone che incontro per strada (osservare la gente che incontro al bar, alle poste, al supermercato è un’attività che mi riempie il cervello da molti anni ormai).

E così sono iniziate domande, passeggiate a parlare di cosa fare, notti insonni, giornate lunghe. Per fortuna ho un alleato, Giulia, che mi permette di non isolarmi – troppo – quando ho questi momenti.

Sicuramente ti fai più forza quando scopri che anche il tuo alleato pensa le stesse cose. 

E allora affronto la vita nell’unico modo che conosco: agisco, velocemente, per cambiare la situazione.

E così passerò altri 15 giorni a Milano, dove saluterò persone valide, persone che hanno reso la mia esperienza qualcosa di indimenticabile (per un verso o per un altro) e il 24 gennaio un volo economico porterà me e la mia compagna Giulia (compagna di tutto) a Berlino.

Sì, la città dove ho già passato 3 anni bellissimi della mia vita.

“Torniamo a casa” ci siamo detti io e Giulia. 

Poi ridiamo perché non sappiamo dove sarà la nostra casa. Non per i prossimi 10 anni almeno. O così ci piace pensare, consci che il piano della nostra vita è non avere un piano. L’unico è quello di stare assieme. Poi il resto ha sicuramente meno importanza rispetto a questo, quindi possiamo cambiare idea, possiamo viaggiare, possiamo stare fermi, possiamo vivere in riva all’oceano come nel centro di una metropoli.

Casa = mondo.

Mi riperdo nel mondo dunque. Perché non so dormire in Italia. 

Non so dormire in Italia